Donne! Fatte non foste a viver come sciure!

Italiani in Singapore

Donne! Fatte non foste a viver come sciure!

November 10, 2021 Editoriali Ludovica Girardo 0

Un articolo che dovrebbero leggere anche gli uomini! Non c’è rappresentanza senza partecipazione. Non c’è una narrazione senza una storia.

I dati del 2020 ci dicono che sono quasi 5 milioni e mezzo – 5.486.081 per la precisione – gli iscritti AIRE ovvero il 9.1% della popolazione residente nel Belpaese Italia che conta 60.244 milioni.



“But women do not say ‘We’, except at some congress of feminists or similar formal demonstration; men say ‘women’, and women use the same word in referring to themselves.”

― Simone de Beauvoir, The Second Sex

Le donne sono il 48% in media del totale AIRE, ma ad ogni modo superano sempre il 35% – Asia orientale 35.1% fino al massimo di 50.4% dell’America centro-meridionale –  dai numeri per aree geografiche in cui sono divisi i continenti. La “vecchia” Europa a 15 da sola è la casa di un milione di concittadine ed il restante milione e mezzo è sparso in tutto il resto del globo – circa 1.6 milioni. Prevedibile che non tutte siano in età adulta e/o impiegabile, ma la maggior parte sì visto che l’EU non prevede restrizioni burocratiche per un cittadino europeo nell’impiego: è necessario un contratto valido e ci si può regolarizzare.

Appare più complesso in altri continenti poter avere una panoramica poiché ogni paese ha una propria normativa del mercato del lavoro anche in base ad accordi bilaterali con altre nazioni magari solo su settori specifici e di durata temporanea.

Sebbene per noi italiani la presenza a Singapore si collochi in tempi recenti essa segue i dogmi classici che fa sì che le presenze in città fossero composte da professionisti uomini adulti con famiglia a seguito con qualche menzione d’onore per i professionisti singoli e per i molti “pendolari” transcontinentali alcuni poi stabilizzatisi qui. Il trend continua rivolgendosi sempre più singoli professionisti e un “indotto” basico come il settore ristorazione riproponendo il modello classico della conduzione familiare rincuorante.

Ci si aspetterebbe un nodo di svolta o una successiva evoluzione . Ma no, non c’è. O per lo meno ci sono sparute traiettorie che a volte si stagliano nel marasma e qualche tenace e rigorosa realtà ben radicata. Per tutto il resto vige un’ approccio “panta rei” enigmatico a volte sonnacchioso fatto contraddittorio per una comunità che non ha uno scheletro post coloniale o uno stato “sociale” che garantisce una rete di servizi basici ai propri cittadini globalmente.

Mi stupisce sempre come ancora il termometro nazionale alla guida di un veicolo a pagamento ,che sia giallo o blu, si interroghi sulla sanità mentale di una donna non locale singola che vive e lavora qui: per poi contraddirsi repentinamente asserendo che “bhe certo, qui è sicurissimo”. Ci credo, Zio.

Occorre toglierci da questo impasse: la rappresentanza femminile ha tutto per potersi affermare. Non c’è boomer che si frapponga o non so che numero di waver ad impartire lezioni dal alcun teatro sanremese. Ci sono privilegi che così come i diritti acquisiti sono come il cloro nell’acqua: c’è ma non si vede né sente. Ma la discriminazione di genere quando arriva ti investe come un TIR ai 100 km/h: è l’essere scettici sul tuo commitment in azienda perché possibile che tu e il tuo compagno vi trasferiate presto da un’altra parte. Ma tu del tuo status familiare non hai accennato né a voce tantomeno nel curriculum.

Vengo da una famiglia dove mia madre si autodichiarò capo-famiglia su qualche documento comunale di stampo patriarcale (come quelli che ne chiedono il cognome da sposata), sulla colonna del vialetto d’entrata di casa l’iniziale del suo cognome viene per prima ed idem sul citofono. Mio padre, ben contento che alcune incombenze burocratiche lei ne fosse il referente, sempre ha lodato mia madre per il ruolo che occupava nella società attiva e il suo contributo economico che mai è venuto a mancare. Una reazione forse o un rigurgito dato dall’ambiente molto machista in cui si trovava: l’impreditoria e la metallurgia.

Incombe dare sempre un’immagine di completezza per le donne; poliedricità esasperata fino ai livelli della mistificazione. Non si accetta che si possano vivere diversi momenti anche in una determinata esperienza o parentesi di vita o per lo meno non lo si menziona; quello che trovo raro è il ruolo di mentorship reciproca che raramente si manifesta su qualsiasi livello.

Seduta ad un caffè con altre due amiche una mia amica si alzò e se ne andò dopo 40 minuti di conversazione su un’accessorio di ultimo grido – chiaramente un bel prodotto italiano – ma la ragione non era l’anticonformismo bensì la ripetitività e la reticenza ad toccare aspetti più relativi al quotidiano che impattassero o meno tutte poco importa. La consapevolezza che ci sia un fil rouge che ci unisca e possa essere ripreso ogni volta anche con rabbia fa La comunità con una visione d’insieme. La rabbia non fa molto signora, ma io non lo sono e spero anche voi non lo siate.

E non c’è nulla di sbagliato in ciò. Preferisco essere una donna che una signora, in qualsiasi momento.

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